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  • Tatiana

Libera il tuo Aquilone

Aggiornamento: 21 apr 2020


Oggi è per i Greci il giorno del Lunedi di Purificazione.

In questa giornata oltre a consumare molluschi di mare, è tradizione rilasciare nel cielo i propri aquiloni sui quali ognuno ha scritto i propri desideri.

Sembra che questa tradizione venga dall' Oriente e sia passata all'Occidente attraverso i secoli.

Altri pensano che sia stato il matematico greco Archita di Taranto (440-360 A.C.) il primo a disegnare e a usare un aquilone nei suoi esperimenti aerodinamici ed ne si ha evidenza grazie al ritrovamento di una ceramica che risale al periodo classico rappresentante una giovane donna con in mano un aquilone.

Desiderio viene dal latino de - sideris = al di là delle stelle...

Significa che noi abbiamo una mente capace di pensare tra le stelle per alcuni battiti di tempo e di cuore, e che possiamo conservare quel pensiero stellato per eoni di secondi, minuti, ore e giorni, prima di vederlo manifestato. Ne siamo i custodi nel creato. Tra milioni di stelle, nell'universo infinito noi cogliamo quel pensiero matrice, e ne siamo responsabili custodi e co-creatori. Lo riportiamo sulla terra, e invocando il potere delle stelle lo possiamo realizzare, vedere manifesto, reale.

Ascende, attraverso la nostra aspirazione, verso il cielo e le stelle.

Desiderare.

Affidare le proprie stelle di nuovo al cielo.

Scrivere desideri su un aquilone.

Aspettare, Sognare, Manifestare.

Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni.

William Shakespeare

 

L'AQUILONE

C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole.

Son nate nella selva del convento dei cappuccini, tra le morte foglie che al ceppo delle quercie agita il vento.

Si respira una dolce aria che scioglie le dure zolle, e visita le chiese di campagna, ch'erbose hanno le soglie:

un'aria d'altro luogo e d'altro mese e d'altra vita: un'aria celestina che regga molte bianche ali sospese...

sì, gli aquiloni! È questa una mattina che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera tra le siepi di rovo e d'albaspina.

Le siepi erano brulle, irte; ma c'era d'autunno ancora qualche mazzo rosso di bacche, e qualche fior di primavera

bianco; e sui rami nudi il pettirosso saltava, e la lucertola il capino mostrava tra le foglie aspre del fosso.

(...)

_ Giovanni Pascoli

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